IL PRODOTTO
L’ Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P.
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. nasce grazie al lungo e naturale invecchiamento del mosto cotto di uve tipiche modenesi all’interno di botticelle custodite dalle famiglie nei sottotetti delle proprie abitazioni. L’intero processo produttivo, dalla coltivazione delle uve, la lavorazione di esse, l’invecchiamento e l’imbottigliamento deve avvenire esclusivamente all’interno della provincia di Modena.
Di COLORE bruno scuro carico e intenso, manifesta la propria DENSITA’ in una corretta, scorrevole sciropposità. É ottenuto da mosto d’uva cotto, maturato per lenta acetificazione, derivato da naturale fermentazione e progressiva concentrazione, mediante lunghissimo invecchiamento in serie di vaselli (botticelle) di dimensioni e legni differenti, senza alcuna aggiunta di sostanze aromatiche. E’ caratterizzato da un PROFUMO complesso, penetrante e di evidente, ma gradevole ed armonica, acidità.
Di tradizionale ed inimitabile SAPORE dolce e agro ben equilibrato, si offre generosamente pieno e sapido con sfumature vellutate, in accordo con caratteri olfattivi che gli sono propri.
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. deriva dalla fermentazione del mosto cotto ad opera di particolari ceppi di acetobatteri, molto spesso organizzati in colonie batteriche dette “madri”, e dalla successiva lenta maturazione ad opera di enzimi che si completa dopo un lungo periodo di invecchiamento, durante il quale avvengono in prevalenza trasformazioni di tipo chimico–fisico. Il mosto utilizzato è quello principalmente dei vigneti DOC della provincia di Modena e da vitigni tipici come ad esempio Lambrusco, Ancellotta, Trebbiano, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta.
Come si produce
La maggior parte delle batterie sono composte da 5/7 barili, ma è facile trovare produttori con batterie “Imperiali” da 10/12/15 e oltre barili in una singola batteria.
Il liquido del barile più piccolo viene, dunque, riportato ad un livello di circa i 2/3 del totale con una parte del liquido della botticella immediatamente più grande (tale operazione viene comunemente chiamata travaso).
Per quanto riguarda il numero, la capacità, la sequenza delle botti e la qualità dei legni non esiste una regola fissa; ogni produttore è libero di formare la propria acetaia utilizzando botti e legni a seconda del proprio gusto e della quantità di prodotto che vuole ottenere. Tuttavia il numero minimo delle botti è una serie o batteria di tre: una botte grande dove vengono effettuate le aggiunte di mosto cotto (e dove avverrà la fermentazione acetica), una botte intermedia dove verrà trasferito il liquido fermentato per la maturazione e una terza, la più piccola, dove sarà travasato il liquido maturo per essere invecchiato. Oggi la tendenza comune è quella di avere una serie di botti di legni diversi con capacità decrescente, che parta dalla botte più grande contenente il prodotto più giovane per raggiungere quella più piccola destinata a raccogliere il liquido più maturo. Per quanto riguarda i legni l’orientamento generale è quello di mettere botti con legni teneri e porosi all’inizio, così da favorire i processi di evaporazione e di acetificazione (ad esempio il castagno), e legni più duri nelle botti più
piccole, verso la fine della batteria, per conservare in modo duraturo il prodotto invecchiato (ad esempio rovere e gelso). L’alternanza dei legni nella batteria contribuisce a caratterizzare in modo unico il prodotto conferendogli profumi e aromi tipici. La produzione segue l’andamento stagionale: il gelo invernale dona limpidezza al balsamico e il torrido caldo estivo concentra zuccheri, acidità e sapori, la temperatura mite in autunno e primavera consente le attività microbiologiche. Annualmente, durante la stagione fredda, si preleva dalla botte più piccola della serie un quantitativo di prodotto (mediamente un 25- 30% del contenuto totale) ritenuto idoneo per la commercializzazione. Il
liquido del barile più piccolo viene, dunque, riportato ad un livello di circa i 2/3 del totale con una parte del liquido della botticella immediatamente più grande (tale operazione viene comunemente chiamata travaso). Questa, a sua volta, viene riportata a livello con la terza, e continuando a ritroso fino alla botte maggiore, rincalzata con il mosto cotto dell’annata (operazione chiamata rincalzo)
L’importanza di queste operazioni è fondamentale affinché possano avvenire tutte quelle trasformazioni che gli permetteranno di assumere l’armonia tra sapori e profumi che rendono il prodotto ineguagliabile e di elevata qualità.
Come si usa
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P., presenta profumi, fragranze e sapori in grado di soddisfare anche i palati più esigenti; è usato come condimento per dare il tocco finale ad una serie vastissima di preparazioni, dalle più raffinate ed elaborate fino a quelle più povere e semplici. Da secoli nella cucina modenese lo si mette sulle carni e sulle verdure lessate, preferibilmente ancora calde.
Più recente è l’utilizzo del “Tradizionale di Modena” sul pesce crudo e cotto e sulle carni in umido ed arrostite. Molti cuochi famosi lo utilizzano in preparazione originalissime, dagli antipasti ai dolci. Risultati sorprendenti si ottengono sul gelato e sui frutti tropicali, le fragole e le pesche.
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. unito a scaglie di Formaggio Parmigiano Reggiano D.O.P., ci svela la sua territorialità e la potenzialità della gastronomia emiliana, così come, manifesta la sua universalità e il diritto ad occupare un posto di grande rilevanza tra i prodotti gastronomici del mondo intero.
Un cucchiaino di “Balsamico Tradizionale” è un insolito ed originalissimo aperitivo, ma anche a fine pasto, un ottimo digestivo.
Conservazione
Il prodotto va conservato a temperatura ambiente (lontano da cibi che emanino particolari e pronunciati odori) in un recipiente di vetro e non ha bisogno di particolari attenzioni. Basta che questo sia diligentemente chiuso; va conservato a temperatura ambiente.
Certificazione
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. per essere imbottigliato in uno dei due centri di imbottigliamento autorizzati dal ministero nella celebre bottiglia “Giugiaro” di 100 cc unica per legge, deve essere valutato da una commissione di esperti degustatori che ne autorizzano la commercializzazione, dopo aver constatato che il prodotto corrisponda agli standard visivi, olfattivi e gustativi regolamentati.
Viene poi attribuito un sigillo numerato ad ogni singola bottiglia per garantire la qualità organolettica del prodotto.
L’ente di certificazione, su incarico del MIPAAF (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali), effettua verifiche su tutta la filiera produttiva dalle ispezione nei vigneti, alla verifica della tenuta dei registri di carico e scarico delle uve, fino alle ispezioni nelle acetaie d’invecchiamento.
Lo si può trovare in commercio in due invecchiamenti: un prodotto, ABTM, invecchiato almeno 12 anni, ed ABTM Extra Vecchio, invecchiato almeno 25 anni.